Pubblicato su politicadomani Num 91 - Maggio 2009

Inserto - Editoriale
Microcosmi e politica

di Maria Mezzina

Finita la grande ubriacatura da onnipotenza per cui la misura dell'utile era data dalle dimensioni del profitto, la crisi costringe a rivedere i paradigmi che hanno avuto tanto successo e che si sono risolti in una catastrofe dalle dimensioni non ancora esattamente misurabili. I profitti finanziari si sono ridotti a bolle di sapone. Le banche, che giocando sui mercati finanziari si sono arricchite, ora che il gioco è finito hanno stretto i cordoni del credito. Le imprese falliscono, oppure stentano ad andare avanti perché crollano gli ordini, non riescono a pagare i mutui per la riconversione e l'innovazione in cui si erano impegnate, e non trovano credito. Un cane che si morde la coda.
In realtà però, se si scende nei microcosmi locali, in mezzo alla gente, si vede che le cose sono migliori di quanto appaiono dall'esterno.
Esiste da noi in Italia, e soprattutto al Sud, una capacità di resistenza alle avversità e una capacità di ripresa sconosciute ai più e insospettabili. A differenza del Nord, specie il Nord-Est, dove economisti viaggiatori come Vitale e Meldolesi raccolgono voci, umori e testimonianze di gente che si è letteralmente "seduta" aspettando con poca fiducia che passi la crisi, il Sud d'Italia è una macrozona giovane, vivace e pronta a ripartire (non si mettono al mondo figli se non si ha una visione positiva del futuro e un forte attaccamento alla vita) dove esiste un fermento di idee e di innovazioni che stanno tirando l'economia.
Il fenomeno, con i dovuti distinguo, rimanda al microcredito, quel grande esperimento di successo di Junus, l'economista banchiere del Bangladesh premio Nobel per la Pace, che lo ha inventato per sollevare l'economia del suo poverissimo paese. Il sistema si è esteso in tutto il mondo, anche il Italia, è stato adottato dalla Chiesa nelle sue strutture di intervento come le caritas diocesane ed è diventato un modello anche per il Fondo Monetario Internazionale. Le differenze, comunque, non sono di poco conto perché nel nostro Sud i giovani e geniali imprenditori che stanno "tirando" l'economia possono contare su una storia antica e una tradizione gloriosa di operosità e di conoscenze che ha fatto in passato del Sud d'Italia il centro del mondo nella cultura e negli affari, terra fertilissima e ricchissima, invidiata per il suo splendore.
Paragone calzante, tuttavia, perché, come per le microimprese del Banchiere del Bangladesh, c'è bisogno che qualcuno, o qualcosa, sappia creare fra queste realtà produttive (e tutto ciò che ha la potenzialità di diventarlo) una rete di "assistenza" e di contatti che permetta di consolidarsi, di crescere, di trovare informazioni e supporto tecnico e normativo. Tutto ciò al fine non solo di non disperdere le energie in campo ma anche di collegarsi in modo attivo con le istituzioni per fare "massa critica": per uno sviluppo del territorio più veloce, più organico, più ordinato, meno esposto alla penetrazione e ai condizionamenti della criminalità organizzata, più efficace nel superare gli ostacoli e le pastoie della pubblica amministrazione e degli istituti ed enti il cui scopo istituzionale è di accompagnare il processo di sviluppo economico con finanziamenti e crediti.
Calzante perché come nel microcredito la condizione per l'erogazione del credito è la formazione del "gruppo" - a presenza prevalentemente femminile -, che è anche il "luogo" dell'incontro, dello scambio e del sostegno reciproco (interessante la filosofia della concessione dei crediti e le strategie per il recupero, illustrate nel famoso libro di Junus, "Il banchiere dei poveri", Feltrinelli), qui da noi sono state create agenzie di sviluppo territoriale che hanno il compito di accompagnamento, guida e raccordo fra le realtà attive, e non solo produttive in senso tradizionale, locali. Con la possibilità e direi anche la necessità di includere e di affiancare nei loro progetti i comuni per i quali, a livello istituzionale, già esistono strutture di collegamento e di cooperazione quali i consorzi di comuni, gli accordi di programma, le convenzioni con gli enti superiori (Provincia e Regione), gli ambiti territoriali, e nel caso di comuni con specifiche caratteristiche le comunità montane, isolane o di arcipelago e l'unione dei comuni.
C'è tutta una struttura pensata per non lasciare da sole le comunità nella via verso lo sviluppo. Una organizzazione che deve aprirsi al territorio non solo per raccoglierne le urgenze ma anche per operare in stretto contatto con le realtà economiche, sociali, produttive di beni, servizi, cultura e informazione presenti sul territorio.
È compito delle agenzie fare da elemento catalizzatore, ed è compito della politica favorire le aggregazioni, farne parte, servirsene e porsi a loro disposizione per scopi volti allo sviluppo e al benessere della comunità; astenendosi dall'usarle come strumenti di potere per scopi clientelari o, peggio, elettorali.
È chiaro che organizzazioni di questo tipo, quando funzionano, sono in grado di avere sul territorio non solo un impatto economico e sociale, ma anche un impatto politico perché suscitano consenso, determinano scelte e quindi muovono preferenze. Che è poi, in fondo, il modo più serio e più efficace di fare politica, l'unico che conta per la città. Il resto è solo un'altra cosa.

 

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Num 91 Maggio 2009 | politicadomani.it